I quadri e gli affreschi
            

 

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ARGOMENTI delle PAGINE -  I QUADRI E GLI AFFRESCHI NELLA CHIESA DI S. GIUSEPPE:
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  Le tele di Jean Calogero

 

    "C 'est le portique ouvert sur les cieux inconnus".
    Già negli anni sessanta il maestro Calogero aveva espresso il desiderio di eseguire gratuitamente la decorazione pittorica per la chiesa parrocchiale che stava per essere completata e le tele mancanti della chiesa di San Giuseppe; la sua proposta dovette però scontrarsi, avendone la peggio, con le convenzioni artistiche di un ambiente provinciale e bigotto quale poteva essere quello di "Acicastello anni 60".
     Solo recentemente, mentre era in corso il restauro della chiesa, si pensò di contattare il maestro ed invitarlo a completare la decorazione.
     In un primo momento il maestro, ancora amareggiato per le vicende passate, si pronunciò in senso negativo, in seguito fece sapere che avrebbe voluto vedere le cornici in stucco delle pareti della chiesa: aveva cambiato idea, dopo oltre due secoli e mezzo d'attesa si avverava un sogno .
     L'incarico per i complicati telati con centina e controcentina angolare venne affidato a Sebastiano Grasso, completati i quali, il maestro si mise all'opera eseguendo, oltre alla "Fuga in Egitto" le tele con l'Annunciazione, San Francesco d'Assisi e San Giorgio - il tutto per una cifra simbolica, un regalo elargito ad Acicastello.
      Lo splendore cromatico di queste tele, oltre a mettere in risalto il complesso gioco decorativo delle cornici settecentesche in cui sono state inserite, fa risaltare, soprattutto, il sapiente senso della distribuzione degli elementi decorativi nell'occupare, senza saturarli, gli spazi vuoti del prospetto interno delle pareti che ebbe l'ignoto progettista del 700; in questo modo la piccola navata ha acquistato un senso di completezza che viene espressa dall'equilibrio tra gli elementi decorativi architettonici e quelli iconografici.
      Sui volti dei personaggi della Famiglia fuggiasca, dell'Arcangelo e della Vergine, di San Giorgio e San Francesco, sembra brillare la luce della imperturbabilità e della serenità di chi non ha sperimentato il male. Le figure si stagliano su prospettive che l'eccezionale padronanza degli effetti cromatici fa diventare infinite, uraniche, cosmiche. Si può dire, con i versi di Lucio Piccolo, che il pennello di Calogero "...schiarite apre azzurre, cupole, forme sognate..."; ed é in questi squarci di paesaggi onirici che si rincorrono sempre più diafani e lontani, in questo trompe-l'oeil da vertigine che arriva fino a "sfondare" lo spazio architettonico che lo ospita, che lo spettatore si perde.
     Le tele di Calogero sono, per dirla con Charles Baudelaire: "Un portico spalancato sui cieli sconosciuti".




 

Gli affreschi   del presbiterio

 

    Danneggiati già dai terremoti del 1818 e dal 1908, gli affreschi che costituiscono la decorazione iconografica della volta e del catino absidale erano in procinto di scomparire per sempre a causa della infiltrazione dell'acqua piovana che traboccava dalla copertura a tegole ostruite dagli escrementi di migliaia di piccioni e da quella che proveniva dal terrazzo dell'attiguo oratorio.  L'operazione "Salvataggio", sollecitata presso la Soprintendenza ai Monumenti anche con una raccolta di firme, è riuscita, se non altro, a bloccarne il degrado e a rendere più leggibile tutta la superficie affrescata.
   
Con il restauro eseguito nel 1995 dal maestro Giacomo Platania sotto la direzione di Francesca Maria Migneco, sono state consolidate le sacche di rigonfiamento dell'intonaco per cementarle alla fragile struttura di copertura in canne della volta e le numerose linee di fessurazione con iniezioni di caseato di calce, nella chiesa abbaziale di San Nicolò l'Arena di Catania, per cui con molta probabilità questo artista palermitano, richiamato come il Sozzi e la sua cerchia nella Sicilia orientale dalle numerose commesse per le decorazioni delle chiese durante la ricostruzione post-terremoto, è l'autore anche dell'affresco del catino. Un altro indizio che potrebbe essere probante di questa ipotesi è rappresentato dall'affresco con la "Gloria dell'Ordine Benedettino", eseguito per il refettorio della stessa abbazia - attuale  aula magna della facoltà di lettere - nel quale la maniera di trattare i panneggi dei personaggi  è praticamente identica. L'attribuzione, naturalmente, rimane dubbia, anche perché com'è ben noto, all'esecuzione degli affreschi si lavorava in équipe perché le operazioni dovevano eseguirsi velocemente sull'intonaco ancora umido, ed anche perché si utilizzavano, senza porsi scrupoli, i cartoni a spolvero di altri artisti o eseguiti dall'artista per il quale si lavorava come aiuto: il riutilizzo dei cartoni del Sozzi in alcune chiese di Acireale non fu certamente un caso isolato!
    Un ultimo indizio a favore dell'attribuzione al Piparo dei nostri affreschi, ci è fornito dalla somiglianza sorprendente con il nostro, dell'Eterno Padre eseguito dall'artista palermitano nel cupolino dell'abside della chiesa dell'ex  Badia di San Placido a Catania negli anni 60 del XVIII secolo.
    La presenza dei Piparo a Catania è documentata dal 1757 al  1773, anno in cui partecipò alla gara d'appalto per gli affreschi del palazzo Universitario: anche la cronologia è, quindi, a favore della nostra ipotesi.
 

 


Santo Castorina - Arte e fede nelle Chiese di Acicastello  -   Opuscolo fatto stampare dalla  Congregazione "S. Mauro Abate"  nel gennaio del 1999 )